Le principali università americane si sono unite in una risposta decisa contro i recenti tentativi dell’amministrazione Trump di interferire nella loro autonomia. In seguito alle proteste studentesche pro-Palestina scoppiate nei campus a inizio aprile 2025, diverse università hanno affrontato crescenti pressioni federali.

La scorsa settimana, quando il Dipartimento dell’Istruzione ha minacciato di tagliare i finanziamenti federali a Columbia University per non aver “adeguatamente contenuto” le manifestazioni, la presidente Minouche Shafik ha risposto pubblicamente difendendo il diritto di protesta pacifica degli studenti, rifiutando categoricamente l’ultimatum governativo.

Il 10 aprile, i rettori di Harvard, Yale, Princeton, MIT, Stanford, Brown e Cornell hanno firmato una dichiarazione congiunta denunciando come “inaccettabile violazione dell’autonomia accademica” la richiesta dell’amministrazione di fornire dati personali sugli studenti internazionali partecipanti alle proteste. La presidente di Harvard, Claudine Gay, ha specificato che l’università non collaborerà con indagini che possano compromettere la privacy degli studenti.

Due giorni fa, quando agenti federali hanno tentato di accedere al campus della University of Michigan per identificare manifestanti, il presidente Santa Ono ha negato l’ingresso, citando le politiche del campus che proteggono gli studenti dall’interferenza esterna. Contemporaneamente, UC Berkeley ha ottenuto una ingiunzione temporanea contro l’implementazione della recente direttiva presidenziale che richiedeva la sospensione automatica degli studenti coinvolti in “attività anti-americane”.

Il presidente dell’American Council on Education, Ted Mitchell, ha condannato ieri questi interventi come “il più grave attacco all’indipendenza delle istituzioni accademiche americane degli ultimi decenni”.

Questa ferma opposizione delle università americane rappresenta un momento storico nella difesa dei valori fondamentali dell’istruzione superiore. Di fronte a pressioni politiche senza precedenti, le istituzioni accademiche hanno dimostrato una notevole coesione nel salvaguardare non solo la propria autonomia istituzionale, ma anche i principi democratici su cui si fonda la società americana.

La resistenza di questi atenei trascende la semplice difesa corporativa, elevandosi a simbolo di una più ampia lotta per preservare quegli spazi di libero pensiero e dibattito critico essenziali in una democrazia funzionante. Malgrado le minacce di ritorsioni economiche e legali, le università hanno scelto di anteporre i loro principi fondanti agli interessi immediati, riaffermando con forza che l’indipendenza accademica non è negoziabile, nemmeno di fronte alle più potenti pressioni governative.