L’immagine è apparsa all’improvviso, scioccante nella sua arroganza: Donald Trump vestito da Pontefice. Non un meme anonimo circolato nei meandri dei social, ma un contenuto ufficialmente pubblicato sulla pagina della Casa Bianca e sull’account personale del Presidente.
È il culmine di una dichiarazione che solo 24 ore prima aveva già sollevato onde di indignazione: "Vorrei diventare Papa. Sarebbe la mia prima scelta. Penso che sarei un grande Papa. Nessuno lo farebbe meglio di me". Parole che, in bocca a qualsiasi altro leader mondiale, avrebbero provocato una crisi diplomatica immediata.
Ci troviamo ben oltre il semplice scivolone comunicativo. Questo gesto rappresenta un triplice affronto.
In primo luogo, è la manifestazione di un ego smisurato che non conosce limiti, né rispetto per istituzioni millenarie. Un uomo che si erge al di sopra non solo della politica americana, ma pretende di colonizzare anche la spiritualità globale, appropriandosi di simboli sacri per milioni di fedeli nel mondo.
In secondo luogo, è un insulto diretto alla comunità cattolica, proprio quella che Trump corteggia assiduamente come bacino elettorale. La strumentalizzazione del sacro per fini politici raggiunge qui vette inedite di spregiudicatezza.
Ma c’è un terzo livello, forse il più inquietante. Il messaggio implicito: Trump sta segnalando al mondo la sua influenza sul futuro Conclave, attraverso i dieci cardinali americani. È un avvertimento nemmeno troppo velato che l’amministrazione americana non resterà passiva di fronte alla possibilità di un Papa progressista, nella scia di Francesco, di un Zuppi, o di qualsiasi figura che possa proseguire sulla linea delle aperture sociali che hanno caratterizzato l’attuale pontificato.
Non si tratta dunque di una semplice bravata social. È la dichiarazione pubblica di un’intenzione di ingerenza negli affari della Chiesa Cattolica, un’istituzione sovrana e indipendente. È un segnale che dovrebbe allarmare non solo i cattolici, ma chiunque creda nella separazione tra potere politico e potere religioso.
Questa immagine, generata con l’intelligenza artificiale ma caricata di significato politico reale, è la perfetta metafora di un potere che non riconosce più confini, né fisici né simbolici. Un potere che si appropria di qualsiasi cosa, persino del sacro, per i propri scopi.
La gravità di questo gesto non risiede nel cattivo gusto dell’immagine, ma nel messaggio che trasmette: nessuna istituzione, nemmeno la più antica e rispettata, è al riparo dalle mire di controllo di chi detiene il potere politico.
Dovremmo tutti riflettere su come sia possibile che un simile affronto possa avvenire senza conseguenze immediate, e su cosa questo significhi per i delicati equilibri tra potere temporale e spirituale che hanno caratterizzato secoli di storia occidentale.
Questa non è solo una provocazione. È un campanello d’allarme che risuona ben oltre le mura vaticane.