La questione palestinese è una lunga storia di occupazione. Ma ora è ufficiale: il governo Netanyahu ha votato per l’occupazione militare totale della Striscia di Gaza, confermando una linea politica che si inserisce in un contesto storico ben più ampio.

La questione palestinese ha radici profonde che risalgono al 1948, quando la creazione dello Stato di Israele portò al primo grande esodo forzato (la “Nakba”, o catastrofe) di circa 700.000 palestinesi dalle loro terre. A seguito della guerra dei Sei Giorni nel 1967, Israele occupò militarmente la Cisgiordania, Gaza, Gerusalemme Est e le Alture del Golan, dando inizio a un’occupazione che dura da oltre cinquant’anni.

Negli anni successivi, nonostante le risoluzioni ONU che chiedevano il ritiro dai territori occupati, la politica di insediamenti nei territori palestinesi è proseguita inesorabilmente. Gli Accordi di Oslo del 1993 sembrarono offrire una speranza di pace, ma rimasero largamente inattuati.

La Striscia di Gaza, da cui Israele si ritirò unilateralmente nel 2005, è stata sottoposta a un rigido blocco dal 2007, trasformandosi in quella che molti osservatori internazionali hanno definito “la più grande prigione a cielo aperto del mondo”. Non ricorda tristemente il confinamento e la fine fatta fare agli ebrei nei lager dai nazisti?

Il conflitto attuale iniziato il 7 ottobre 2023 ha portato a una devastante campagna militare su Gaza con un bilancio umano catastrofico, e ora culmina con questa decisione che formalizza e rivendica apertamente l’occupazione militare del territorio e il controllo totale su Gaza.

Nel frattempo, il governo italiano mantiene una posizione di sostanziale immobilismo. Nonostante i ripetuti appelli da parte delle organizzazioni umanitarie e della società civile, l’Italia continua a sostenere diplomaticamente ed economicamente Israele, limitandosi a dichiarazioni formali sul diritto internazionale, senza intraprendere alcuna azione concreta per fermare la violenza e promuovere una soluzione equa.

Questa posizione passiva del nostro governo rappresenta una grave mancanza di responsabilità politica e morale. L’Italia, paese fondatore dell’Unione Europea e membro del G7, avrebbe il dovere e il peso diplomatico per assumere una posizione più decisa, promuovendo attivamente iniziative di pace e il rispetto del diritto internazionale.

La storia dell’occupazione palestinese è una storia di sofferenza, di diritti negati e di promesse infrante. Oggi, di fronte all’aggravarsi di questa situazione, l’inazione diventa complicità. La comunità internazionale, inclusa l’Italia, sarà chiamata a rispondere davanti alla storia per il suo silenzio e per la sua incapacità di agire di fronte a questa tragedia umana.

È tempo che il nostro governo abbandoni l'ambiguità e prenda una posizione chiara e coerente con i valori di pace, giustizia e rispetto dei diritti umani su cui è fondata la nostra Repubblica.