Un controverso disegno di legge proposto dal Ministro dell’Agricoltura Francesco Lollobrigida, e fortemente sostenuto dalla Lega, rischia di cancellare decenni di progressi nella tutela ambientale e faunistica in Italia, trasformando il paese in un “Far West” del bracconaggio legalizzato.

Si tratta di una riforma radicale e preoccupante.

La bozza di legge, articolata in 18 punti, rappresenta un drastico cambio di paradigma nella gestione della fauna selvatica italiana. Tra le misure più allarmanti, il DDL prevede l’aumento da 7 a ben 47 specie cacciabili, quasi settuplandone il numero. Questo ampliamento senza precedenti apre le porte a una pressione venatoria che potrebbe rivelarsi insostenibile per molte specie già in difficoltà.

Paradossalmente, il testo definisce la caccia come attività che “concorre alla tutela della biodiversità e dell’ecosistema”, un’affermazione che contraddice decenni di studi scientifici e politiche conservazionistiche a livello nazionale ed europeo.

Questo governo sta portando un attacco sistematico alle aree protette.

Il disegno di legge non si limita ad aumentare le specie cacciabili, ma riduce anche significativamente le aree protette, trasformando in terreni di caccia zone finora preservate. Particolarmente grave è la decisione di consentire l’attività venatoria nelle zone demaniali, patrimonio collettivo che dovrebbe essere gestito nell’interesse pubblico e non di una minoranza di cacciatori.

La bozza prevede inoltre la proroga indiscriminata delle giornate di caccia e persino la possibilità di organizzare gare di caccia con cani anche in orario notturno e durante i delicati periodi di nidificazione, quando la fauna è particolarmente vulnerabile.

Sembra non interessare i nostri governanti di entrare in rotta di collisione con l’Unione Europea.

Tra le misure più controverse figura la riapertura degli impianti di cattura degli uccelli, una pratica già dichiarata fuorilegge dall’Unione Europea. Questa scelta non solo espone l’Italia al rischio di procedure d’infrazione, ma rappresenta un passo indietro rispetto agli impegni presi dal nostro paese in sede comunitaria per la tutela della biodiversità.

Ai nostri governanti piace sempre di più la repressione del dissenso.

Il disegno di legge prevede anche sanzioni fino a 900 euro per chi protesta contro la caccia, introducendo così un elemento repressivo che limita la libertà di espressione e manifestazione del pensiero su un tema di rilevante interesse pubblico come la tutela ambientale.

La crisi sulla crisi ovvero un colpo mortale ad un ecosistema già sfinito.

Questa riforma arriva in un momento in cui l’ecosistema italiano è già pesantemente compromesso da molteplici fattori: cambiamenti climatici, inquinamento, consumo di suolo e urbanizzazione. L’ulteriore pressione venatoria su un sistema naturale già fragile rischia di innescare effetti a catena difficilmente prevedibili ma potenzialmente devastanti.

La biodiversità non è un lusso ma la rete di sicurezza che garantisce la resilienza degli ecosistemi dai quali dipendiamo. Ogni specie svolge un ruolo nell’equilibrio naturale e la rimozione di troppi elementi da questo delicato sistema può portare al collasso di interi habitat.

Insomma si tratta di una legge fuori dal tempo.

In un’epoca in cui la comunità scientifica internazionale sottolinea l’urgenza di politiche di tutela ambientale più incisive, il DDL proposto appare come un anacronistico regalo a una specifica categoria di elettori, a scapito dell’interesse collettivo alla preservazione del patrimonio naturale.

Non si tratta più di essere favorevoli o contrari alla caccia come attività tradizionale regolamentata, ma di opporsi a una deregulation selvaggia che rischia di trasformare l’Italia in un’anomalia europea in termini di politiche ambientali.

Il disegno di legge, se approvato nella sua forma attuale, rappresenterebbe una grave minaccia per l’ambiente italiano, compromettendo equilibri ecologici già fragili e ignorando deliberatamente sia i principi costituzionali di tutela del paesaggio e dell’ambiente, sia le normative comunitarie in materia.

L’ecosistema non è solo il palcoscenico delle nostre attività, ma la nostra casa comune, dalla cui salute dipende il benessere presente e futuro della società. Sacrificarlo sull’altare di interessi elettorali di breve periodo rappresenta una miopia politica che le generazioni future difficilmente potranno perdonare.