La scusa è il cosiddetto decreto Ilva. Ma quello che sta accadendo è uno scandalo di proporzioni inaudite. Il governo Meloni, con la complicità di Fratelli d’Italia, sta perpetrando il più feroce attacco ai diritti fondamentali dei lavoratori degli ultimi decenni, proprio nascondendosi dietro un emendamento subdolamente inserito nel decreto Ilva.

Questa operazione rappresenta un tradimento totale delle promesse elettorali e dei principi costituzionali che dovrebbero tutelare chi lavora. Mentre Giorgia Meloni si proclama ipocritamente “donna del popolo”, il suo governo sta sferrando un colpo mortale a milioni di lavoratori italiani attraverso misure di una gravità inaccettabile.

L’emendamento in questione costituisce una triplice aggressione che colpisce soprattutto i più deboli: primo, condona vergognosamente salari, tredicesime e quattordicesime non corrisposte dal 2007 al 2020, lasciando senza tutela migliaia di lavoratori precari, stagionali e in nero che hanno già subito lo sfruttamento. Secondo, comprime drasticamente i tempi per rivendicare crediti da lavoro - da cinque anni a soli sei mesi - una misura che penalizza proprio chi ha meno risorse per affrontare lunghe battaglie legali: i lavoratori più fragili, quelli senza contratti stabili, senza sindacati forti alle spalle, senza i soldi per pagarsi un avvocato. Terzo, introduce il principio aberrante che tutti i salari sono “presunti sufficienti” - anche quelli da fame - colpendo direttamente braccianti, riders, lavoratori domestici, operai precari che già sopravvivono con poche centinaia di euro al mese.

Questa deriva assume contorni ancora più crudeli quando pensiamo a chi sarà davvero colpito: la cameriera licenziata senza preavviso che non potrà più rivendicare i suoi diritti, l’operaio in nero che ha perso un braccio sul lavoro e ora si vede negata ogni tutela, la badante straniera sfruttata per anni e ora abbandonata al suo destino. Quasi 6 milioni di persone vivono in povertà e 6,2 milioni di cittadini, pur lavorando, non riescono a guadagnare nemmeno 1000 euro al mese. Proprio questi invisibili, questi senza voce, questi che non hanno mai avuto nulla, ora si vedono strappare anche l’ultima speranza di giustizia.

È inaccettabile che un esecutivo eletto democraticamente si trasformi nel braccio armato del padronato contro i lavoratori. È intollerabile che si smantellino conquiste storiche del movimento operaio con la stessa disinvoltura con cui si approva un decreto ministeriale.

Il governo fermi immediatamente questa deriva folle e pericolosa. Ritiri l’emendamento vergogna e approvi finalmente una legge sul salario minimo che restituisca dignità a chi lavora. Basta con questa guerra ai poveri mascherata da riforme strutturali. I lavoratori italiani meritano rispetto, non l’ennesima pugnalata alle spalle.

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