Dopo mesi di tensioni e minacce, l’accordo raggiunto tra Stati Uniti e Unione Europea rappresenta una resa senza condizioni dell’Europa di fronte al protezionismo aggressivo di Trump.
Il cosiddetto “dazio reciproco” del 15% sulle merci europee ha di reciproco solo il nome: mentre Washington impone barriere commerciali punitive, l’UE ha scelto la via della capitolazione, rinunciando a qualsiasi misura di ritorsione sui 93 miliardi di euro di beni americani e sui servizi USA in Europa.
L’impatto economico di questa decisione sarà devastante per l’economia europea. Germania e Italia, i paesi più esposti commercialmente verso gli Stati Uniti, vedranno i loro PIL contrarsi rispettivamente dello 0,3% e 0,2%. Ma il danno non si limita ai dazi: la svalutazione del 13% del dollaro dall’insediamento di Trump ha reso i prodotti europei ancora più costosi per i consumatori americani. Per un esportatore italiano, l’onere complessivo raggiunge un insostenibile 21%.
L’accordo di Von der Leyen è un fallimento strategico che dimostra l’incapacità dell’Europa di difendere i propri interessi economici. Mentre Trump incasserà entrate doganali aggiuntive per 66 miliardi di dollari annui (nove volte i livelli pre-Trump), l’Europa si limita a subire passivamente un colpo che ridurrà le esportazioni verso gli USA del 25-30%.
Ridicolo appare il gongolare di Meloni, Salvini e Tajani di fronte a questo disastroso accordo. La loro giustificazione di una intesa che penalizza gravemente l’Italia rivela una preoccupante mancanza di visione strategica e di difesa degli interessi nazionali. Come si può celebrare un accordo che impone ai nostri esportatori un onere aggiuntivo del 21%?
La situazione si complica ulteriormente quando si considera la “deviazione del commercio”: molti paesi colpiti dai dazi americani stanno ora puntando sul mercato europeo per compensare le perdite. Cina (indice 100), India (75) e ASEAN (61) - proprio i partner con cui l’UE vorrebbe stringere nuovi accordi - stanno già deviando i loro flussi commerciali verso l’Europa, rendendo più difficili e meno vantaggiose future negoziazioni.
L’Europa ha perso un’occasione storica per affermare la propria autonomia strategica e si ritrova invece in una posizione di debolezza strutturale. In un mondo in cui gli Stati Uniti alzano le barriere commerciali, negoziare accordi diventa più complesso, mentre il continente europeo si trasforma nel mercato di sfogo per tutti gli esportatori mondiali penalizzati dal protezionismo americano.
Questo accordo segna un momento di profonda debolezza dell’Unione Europea, incapace di rispondere con fermezza alle provocazioni commerciali di Trump e destinata a subire le conseguenze economiche di una strategia commerciale aggressiva che mette a rischio decenni di integrazione economica globale.