E’ proprio vero che la storia si nutre di corsi e ricorsi come diceva un certo Giambattista Vico.
Infatti si può tracciare un parallelo significativo tra il discorso di Giorgia Meloni sul caso Almasri e il celebre discorso di Mussolini del 3 gennaio 1925 sul delitto Matteotti.
Le similitudini retoriche fondano nell’assunzione di responsabilità. Infatti nel gennaio 2025, Giorgia Meloni è risultata indagata per il caso Almasri e ha rivendicato l’azione di governo, assumendosi una responsabilità che i giudici non le attribuiscono (Avvenire, Nicolaporro). La sua dichiarazione “a testa alta e senza paura” riecheggia stranamente la retorica dell’autoaccusa usata da Mussolini esattamente cento anni prima.
Il 3 gennaio 1925, Mussolini dichiarò: “Ebbene, io dichiaro qui, al cospetto di questa assemblea, ed al cospetto di tutto il popolo italiano, che assumo (io solo!) la responsabilità (politica! morale! storica!)” (Articolo21) riferendosi al delitto Matteotti. Come Meloni oggi, anche il Duce trasformò un’indagine giudiziaria in un momento di sfida istituzionale e rivendicazione personale.
La strategia dell’assunzione di responsabilità come atto di forza, così cerca di consolidare l’autorevolezza. Difatti entrambi i leader utilizzarono l’autoaccusa non come ammissione di colpa, ma come dimostrazione di potere. Il discorso di Mussolini del 1925 aprì la strada alla dittatura, caratterizzata dalla fine delle libertà civili Fondazionenenni, mentre Meloni ha attaccato “alcuni giudici” che “vogliono governare” e ha parlato di “magistrati politicizzati” (Il Fatto Quotidiano), usando accenti definiti “berlusconiani” ma che richiamano anche la retorica del 1925.
La differenza sostanziale rimane il contesto democratico attuale rispetto al regime nascente del 1925, ma la strategia comunicativa dell’autoaccusa come strumento di legittimazione politica presenta inquietanti analogie storiche che meritano riflessione critica.